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18 septembre 2009 5 18 /09 /septembre /2009 10:25

10* ADUNATA SEDIZIOSA

dell´indipendenza, dell´autonomia e dell´opposizione sociale

10 anni di autorganizzazione, 10 anni di autonomia politica, 10 anni di opposizione sociale.
Adunata sediziosa è la festa delle realtà antagoniste, dei centri sociali, dei movimenti di base, di quanti pensano che questo non sia l´unico mondo possibile, di tutti e tutte quelli che si battono per il cambiamento e la trasformazione sociale.
Contro il fascismo, il razzismo, l´autoritarismo, l´omofobia, la guerra, la precarietà del lavoro e della vita, la devastazione ambientale, il capitalismo. Dal 17 al 20 Settembre, 4 giorni di musica, dibattiti, proiezioni, mostre, work shop per incontrarsi al di fuori degli schemi mercificati della cultura dominante, per interrogarsi criticamente su come contrastare insieme questo presente di miseria e precarietà, per continuare a tessere quel filo rosso di resistenza di cui mai come oggi sentiamo il bisogno. Uno spazio di musica e di cultura alternativa alle major ed all´impresa del divertimentificio cittadino, libero dalle logiche di consenso al potere e a chi governa. Uno spazio pubblico di partecipazione di base per costruire strumenti collettivi di contrasto alla politica dei partiti e delle istituzioni equamente allineati alla difesa delle proprie poltrone e degli interessi forti.
L´autunno che è gia iniziato sarà sicuramente caldo, Adunata Sediziosa vorremmo che sia un´occasione a livello cittadino per rilanciare l´unità delle lotte contro un sistema globale che cerca di scaricare i costi della sua crisi su lavoratori, precari e disoccupati. Un´occasione per comprendere come coniugare l´opposizione ai potenti della terra con quella per la garanzia al reddito, alla salute, all´ambiente ed ai servizi sociali per tutti.

ADUNATA SEDIZIOSA, alla sua decima edizione è possibile grazie al contributo totalmente gratuito dei compagni e delle compagne delle realtà antagoniste di Napoli e della Campania. Il ricavato viene esclusivamente utilizzato per l´autofinanziamento dell´attività politica e culturale a supporto delle lotte e dei conflitti sociali nei quali siamo impegnati.

+ Programma
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18 septembre 2009 5 18 /09 /septembre /2009 10:16
Ad un mese di distanza dai giorni che hanno visto insorgere i reclusi del C.I.E. di via corelli, si riapre il processo
contro 14 prigionieri detenuti a S. Vittore

venerdì 18 h 23 serata benefit per sostenere la campagna (spese processuali ecc) con distribuzione di materiale controinformativo in cox (via conchetta) tram-bus: 90-91, 3, 59, 71, 74

sabato 19 h 14 appuntamento MM1 pasteur per andare al corteo per abba

domenica 20 h 14 presidio sotto s.vittore, rompere silenzio ed isolamento carcerario,facciamo sentire ai/alle
compagni reclusi che cosa significhi la "solidarietà"...

lunedì 21 h 11 presidio al tribunale di milano per la riapertura del processo

mercoledì 23 h 6  presidio antisgombero davanti all'ambulatorio medico popolare MM 1 pasteur
h 9  ancora presidio in tribunale per l'ennesima udienza (ed il processo volge al termine...)


Comitato Antirazzista Milanese
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10 septembre 2009 4 10 /09 /septembre /2009 00:06
Quando leggerete le righe che seguono…(beh…questo è detto dal punto di vista della temporalità mia : se applico “il vecchio vizio” di mettermi nei panni – pelle, occhi, testa, sguardo – d’altrui, dovrei dire “State leggendo queste righe, e …”), si saprà già l’esito della partita mortale che si gioca in Brasile,  si conoscerà la natura della decisione della Corte suprema di quel paese, che comincia a decretare il destino di un solo.         Beninteso, quale che sia la decisione, essa non è l’ultima manche: il < Supremo> –come si dice laggiù, accordando il genere con Tribunale – decide se dichiarare chiusa la procedura d’estradizione, resa cadùca dalla decisione presa all’inizio dell’anno dall’Esecutivo nella persona del Ministro di Giustizia Tarso Genro, o se “la guerra continua…”. Certo, se decidono di andare avanti, nella decisione c’è un presagio forte, un malaugurio, rispetto al futuro pronunciamento della stessa istanza sull’estradabilità o meno di Cesare Battisti. Resterebbe comunque l’ultima parola che, a norma di Costituzione (e salvo cambiamenti  ad hoc, ventilati dalla destra più revanchista , ma non molto probabili), spetta al presidente Ignacio Lula da Silva.
    Chi scrive – “al buio”, dunque – ritiene che, comunque vada, alcune valutazioni di merito e di metodo sulla campagna condotta a favore di Battisti dovranno essere oggetto di riflessione, e bilancio: al di là, oltre la contingenza, si tratta di cose altamente sintomatiche, e che costituiscono, come “tutto” (gesti, condotte, linee di condotta, e soprattutto gli atti di parola, i più pesanti nella lunga durata), un precedente. Se, come febbrilmente speriamo per una serie di motivi svariati e diversi e concorrenti che sono evidenti e che non c’è qui spazio per ricordare – la decisione rappresenterà l’uscita da un tunnel d’incubo : all’inizio sarà il sollievo, punto e basta.   Ma anche in questo caso resta, che a nostro – ragionato fino allo spasimo – giudizio, pensato e ripensato col massimo di riflessività, simmetria, sforzo  di fuoruscita dal proprio punto di vista e presa in esame senza pregiudizi di quelli altrui,  se non si fosse imposta a coprire ogni altra voce e linea di difesa la campagna dotata di più risonanza e audience, quella condotta da “scrittori e popolo”, romanzieri di grido in ispecie francesi, forse quest’uomo sarebbe da tempo già libero di camminare  per le strade, di Rio o addirittura di Parigi.
    Chi volesse argomentare una confutazione pertinenente di questo giudizio, farebbe cosa utile e sarebbe il benvenuto. Chi piuttosto volesse pensare (e saranno legioni, ma le maggioranze non fondano di per sé un criterio di verità, non più di quelle berlusconiane o ben oltre, nevvero?), chi – con buona o mala intenzione, maliziosa  – volesse vedere in questa puntigliosa insistenza una sorta di meschinità identitaria, pignoleria pedante, sicumèra isterilita nella testardaggine… beh, non diciamo nemmeno honni soit qui mal y pense, diciamo solo “contento lui…”.
    Se – per mala ventura… come suol dirsi, “nella dannata ipotesi che…” – il risultato dovesse essere negativo, la questione diventerebbe di bruciante urgenza, in vista delle fasi che si aprirebbero. Certo, in questo caso sarebbe ancor più necessario, per le sue ricadute pratiche immediate, questo impietoso ripercorrere criticamente un concatenamento di episodi che non possiamo che comparare a “fuoco amico” (pur se benintenzionato, amicissimo, amico intimo; pur se condiviso da chi è l’oggetto e ha la sua vita in gioco nella vicenda; pur con la pena, il disagio di dir qualcosa che inevitabilmente  risulta crudele, in ispecie nei confronti di una persona – Fred Vargas – alla quale ogni errore “dovrebbe esser perdonato, perché molto ha amato”, perché con una dedizione e una abnegazione più che rare ha buttato la sua vita in questa battaglia, foss’anche con logica da combattimento contro mulini a vento). E dunque, andiamo.
Le informazioni che ci giungono dal Brasile, coincidenti con ciò che è riferito da varî organi di stampa, confermano che, nella partita che si gioca oggi, l'argomento-chiave della parte italiana (che sarà illustrato dall'avvocato Bulhoes, <spalleggiato dall' "inviato" del Governo, il capodipartimento del Ministero della Giustizia procuratore Italo Ormanni) sarà che dichiarare caduco il processo d'estradizione in forza dell'asilo politico concesso dal Governo brasiliano, << sarebbe come gettare un'ombra su un Paese, nel quale il rispetto della democrazia, dei diritti e delle garanzie non è mai venuto meno, neanche nel contrasto al sanguinoso fenomeno della lotta armata negli anni Settanta >>, come avrebbe dichiarato recentemente al presidente Lula il nuovo ambasciatore d'Italia in Brasile La Francesca, in occasione della presentazione delle proprie credenziali. Senza omettere di aggiungere che l'esito del <caso-Battisti> preoccupa personalmente il capo dello Stato Giorgio Napolitano, il quale tiene particolarmente a cuore il 'buon fine' della richiesta d'estradizione (cfr. Il Corriere della Sera, 8 settembre 2009, pag. 16).
    E' "da sempre" evidente che questo – il rischio che ogni rifiuto d'estradizione implicitamente contenga un elemento di delegittimazione della Giustizia italiana, una sorta di <<disconoscimento da parte dei suoi Pari> – è il nervo scoperto dell'establishement italiano nel suo insieme. Lo era già, in modo parossistico, all'epoca della politica di Mitterrand (la cosiddetta-<dottrina>) di riconoscimento di un asilo di fatto a profughi da democrazie, in particolare dell'Unione Europea, e nella fattispecie fuggiaschi dall' <Emergenza antiterrorista> italiana.Ricordiamo l'ossessiva richiesta di "almeno uno" , per il principio, per sfatare anche solo l'ombra di un dubbio... Ricordiamo i carteggi interministeriali pubblicati all'epoca in Francia, sulla ricerca del tipo ideale di capro espiatorio (che a questo sia da addebitare, almeno in parte, l'eccezione iniqua rappresentata, rispetto ad una serie ininterrotta lungo molti anni, ad una pregressa 'regolarità' senza deroghe, da Paolo Persichetti e dal suo "caso", dal trattamento ricevuto che 'scartava' rispetto ad una consuetudine consolidata?). Ricordiamo l'assoluta ostilità, in primis di tutti gli avvocati di noi italiani e dei loro "benevoli" interlocutori istituzionali, alla formulazione di qualsivoglia domanda di <<asilo politico>> formale, vale a dire di domanda di uno statuto di rifugiati ai sensi dell'art.1 della Convenzione di Ginevra sulla protezione a rifugiati ed apatridi.
 [ Il sottoscritto potrebbe ricordare il blocco di una proposta, avanzata da lui stesso e dai suoi compagni della linea della rivendicazione di un < asilo uno, indiscriminato, indifferenziato, incondizionato : asilo 'per tutti e ciascuno'> , e cioé  all'idea di compiere un atto simbolico di richiesta di asilo politico da parte di noi non-dissociati, in quantoché, poi che il super-sanzionamento legato non già a fatti, ma a posture, idee, opinioni, linee di condotta, 'letture' storiche, giudizî etico-sociali, finiva per configurare una fattispecie di quanto definito come requisito soggettivo per fondare una richiesta di asilo anche formale. L'impunità dei "pentiti" e la semi-impunità dei "dissociati" omologati, ,gli <ammittenti>, provava che non erano più fatti, azioni, ad esser puniti, ma bensì un atteggiamento, uno 'stato di coscienza'. E che dunque noi potevamo rientrare nella tipologia di chi puo`dimostrare di esser perseguitato -- cosi' come per ragioni di <razza, religione, opinioni politiche> - per un atteggiamento etico-politico. Evidentemente, il gesto voleva avere un carattere di provocazione intellettuale per riproporre la questione di un’amnistia…Ebbene, dai nostri difensori, amici, consiglieri, tutte le pressioni vennero messe in opera (probabilmente, sul piano pragmatico, a ragione) per dissuaderci nel modo più categorico ; anche instillandoci lo scrupolo - un auto-ricatto morale -- sul rischio a cui esponevamo l'insieme della 'colonia' rifugiata].
    Ora, la parte italiana mènte quando si straccia le vesti ; disconosce, con un vero e proprio "negazionismo", il carattere oltretutto antigiuridico dell' <Emergenza>, di questo stato d'eccezione -- per sovrammercato -- dissimulato, inconfessato, epperciostesso senza confini, limitazioni, vincoli, perciostesso più pervasivo e subdolo [...]. Proprio per questo, sta a noi – anche indipendentemente dal "caso Battisti" -- confutare queste menzogne. Ma, certo, lo si fa in modo tanto più agguerrito, tagliente e micidiale  se si avanzano prove (che esistono, ad abundantiam), e se si fa un discorso circostanziato. Se invece si strafà, con una propaganda che altro non è che speculare disinformazione ; se -invece portare il fuoco della critica e della denuncia sull'<Emergenza> -- si straparla raccontando di un "Italia mai uscita dal fascismo", di "strategia della tensione" come dominante, come paradigma interpretativo di un'intera storia sociale, si fa davvero un en plein di tutto il possibile negativo.            Per dirla in brave, per intanto. Cominciando "dalla fine", dalla posta in gioco 'locale', dal carattere efficace o controproducente delle frecce argomentative : primo, si provoca una reazione isterica, si spinge al ricompattamento, all'union sacrée, alla competizione zelante di tutte le componenti della "parte richiedente", italiana. Secondo, il carattere sgangherato, autocontraddittorio dell'argomentario offre ai peggiori malintenzionati il destro per ridicolizzare i sostenitori di Battisti, e parossisticamente "mostrificare" lui. Per rappresaglia, e anche perché si trovano messi come ratti nell'angolo. Il "generone" dell'intellighentzsja di sinistra -- che eventualmente quella Vulgata ha diffuso per ragioni di bottega, di demagogia sul mercato politico, di killeraggio dei concorrenti -- è il primo a sbranare chi pensi di usarla per altre cause.
Un riscontro flagrante. In effetti -- come si ripete ogni anno nello stanco rito della celebrazione, il 2 agosto, della strage di Bologna dell' '8O -- quella Vulgata non si contenta dell'omologazione istituzionale (la targa che sancisce il carattere di attentato e dichiara esserne autori i fascisti; la condanna passata in giudicato di alcuni fascisti 'concreti', singolari, in carne ed ossa ; la messa in questione di alte sfere dei servizî segreti per "depistaggi varî"). Pretende che i fascisti colpevoli siano proprio quelli, non possano non essere loro ; ma esige al contempo il diritto alla querulenza e a menar scandalo perché sarebbero stati occultati   "i mandanti" ; e per di più, rinnova il pollice verso verso i <terroristi rossi> : chè di quella lettura dietrologica – strutturata nella dottrina passe-par-tout del <doppio Stato> – fa parte organica la litania sul "terrorismo come categoria unica", sui "rossi cosiddetti", in realtà impensabili altrimentui che come articolazione -- oggettiva e anche cosciente -- di un unico disegno, marionette mosse da un unico puparo..). Figurarsi se LorSignori potrebbero accettare la -- peraltro mezza, assai parziale, verità -- che crede di ricordare la lott'armata come 'reattiva' alle trame, massacri, tentativi di golpe ;  come -- al fondo – intrapresa in difesa della democrazia antifascista e costituzionale della <Repubblica fondata sul Lavoro>. Figurarsi se possono addirittura riconoscere in qualche modo una sorta di "attenuante <per i particolari motivi morali e sociali> all'insieme -- o anche solo a una parte (altra nefasta illusione, oltretutto) di quella "generazione" pervenuta sino alle armi !
Terzo, un dettaglio significativo : se si evocano torbide vicende avvenute recentemente in Italia, come la collaborazione dei Servizi o parte di essi, in combutta con servizî CIA,  al kidnapping di un Imam  “ultra-islamista” a Milano per trasferirlo con azione <criminale>  in carceri  illegali localizzate in Egitto per conto degli USA, si provocherà la risposta con toni gongolanti del Procuiratore Spataro, che può ritorcere che l'Italia fa eccezione, perché è il primo Paese ad aver scoperchiato questo verminaio! Senza mancare di aggiungere che è stato proprio lui il magistrato dell'accusa che ha incriminato mezza-Cia.... (...). Così, il fatto che lo stesso Spataro ha -- in particolare nelle azioni, nelle istruttorie, contro i PAC (...) e dintorni -- usato mezzi abietti e illegali, pressioni fino alla tortura, finirebbe per essere occultato e "passare in cavalleria"...!

Sarebbe dunque assurdo che, con l'unico risultato di farsela ricdere sulla testa, si lanciasse la pietra di una lettura dietrologica degli anni '70, tratta pari-pari dalle mefitiche flatulenze dei teorici del <doppio Stato>. Ricorrendo a questo argomentario di campagna, a) si effettua una colossale sineddoche, che riduce un'intera storia sociale a questo, occultando, con un enorme diversivo, la natura del sistema e il carattere sovversivo, anti-sistema delle lotte di quegli anni ; b), parlando delle censure mosse all'Italia da organismi internazionali, come se l'Italia fosse l'eccezione, si dice una verità men che mezza, specie quando si chiede a suoi Pari (davvero "in tutto": anche nelle censure ricevute, a cominciare dalla Francia) di "scagliare la prima pietra", riconoscendo loro questa legittimità ; c) si vuol cancellare tutta la memoria -documentata in una infinita pubblicistica - sul Maggio trampante, su l'Italia laboratorio sociale di nuove forme di lotta, su l'Italia anello forte del sistema mondiale delle lotte ; su la rivoluzione culturale nelle fabbriche…  Ciò, a favore di una lettura bolsa, falsa, e controrivoluzionaria (che considera impensabile una rivolta, tanto più contro lo sviluppo capitalistico, contro i Paesi avanzati, le forme <democratiche>  del governo…).
    Di argomenti ce n'è, sia per far leva su concetti solidi e forti, adeguati alla contingenza immediata ; sia per proseguire comunque una battaglia, usare il precedente che si riesce a strappare, stabilire una giurisprudenza, argomentare lasoluzione amnistia, e senza niente barattare delle radici critico-radicali e degli orizzonti sovversivi .....

Non possiamo non concludere (comunque per un background di riflessione           “a futura memoria”, per ciò che è  del metodo e dei contenuti del ragionare in modo indipendente, critico, capace di tenere assieme principi e orizzonti, ed efficacia “micropolitica” locale; ma anche per anticipare già qualcosa rispetto alla eventuale, malaugurata necessità di riprendere questa battaglia – non foss’altro che concedendoci una specie di atteggiamento apotropaico, “per scaramanzia…”), non possiamo non concludere indicando anche semplicemente i titoli dei punti di un argomentario al contempo rigoroso, degno, epperciòstesso suscettibile di risultare efficace
* Il primo punto è giuridico, cioè squisitamente politico. Dislocato come offensiva sul terreno “loro” (inteso come “LorSignori”, uomini dell’establishement, delle nomenklature, dei poteri sociali costituiti, politicians, statisti…), per inserire un cuneo, affondare un coltello nelle procedure autocontraddittorie, nelle <razionalizzazioni> surrettizie, incongrue rispetto ai proprî stessi presupposti enunciati.
Per attaccare l’antigiuridismo intrinseco dell’<Emergenza antiterrorista> – e in generale dell’ “emergenza come forma di governo” in Italia –, non servono forzature propagandistiche (che rischiano di diventare un surrogato intellettualmente viziato del pensiero critico – per non dire del pensiero tout court : propaganda che si fa pensiero, dominata da una tara omologica, da una coazione ad esasperarla in mimetismo, nella forma della concorrenza o della ritorsione, che finisce per essere la forma estrema di “servitù volontaria”). Non possiamo richiamare qui neanche per sommi capi l’argomentario di “critica dell’economia politica dell’emergenza”, e neanche un catalogo delle sue forme: ci limitiamo a ricordare cosa significhi dal punto di vista della <valutazione della prova> (come recita l’articolo 192 del Codice di procedura penale) – una <verità giudiziaria> decretata sulla base dei récits, alquanto orridi, risultanti da una scrittura a quattro mani tra degli story-teller disinteressati come possono essere i “pentiti”, e procuratori e giudizi istruttori militanti  fino alla più dichiarata faziosità. Ci limitiamo  ad accennare a un processo di decretazione della verità ( talché, il passato diventa quant’altro mai aleatorio, e soggetto ad arbitrî e stupri : semantici, mnemonici…,  anzi, ad un vero e proprio ius primae noctis con Madame la Verità…  Questo, in un continuum che comincia da un pre-giudiziale, e pre--giudiziario, processo a mezzo stampa e mass-media in genere : Spettacolo del’Opinione, concatenamento di sofismi, di deduzione e abduzioni inquisoriali, che poi attraversano e sovradetreminano le varie fasi del processo, e poi ancora, tracimano nell’infinito sconcio di una volontà di sfiguramento e annientamento come pena infinita, oltre la vita e la morte…Accenniamo solo alla commistione fra elementi residuali e totalmente disincarnati di mero simulacro di forma giudiziaria, al gioco di disinformazioni&contro-disinformazioni e meta-disinformazioni paranoiche o politicamente utilizzanti logica paranoica, con demagogia macro- e micro-fisica  che produce e riproduce alienazione populistico-penale… Dobbiamo ricordare anche gli episodî puntuali di passaggio dalle forme di pressione sul piano del mercanteggiamento, della suggestione, della violenza psicologica e morale (col loro effetto maieutico rispetto al terreno, “umano troppo umano”, di rancori, risentimenti e altre “passioni tristi”) al ricorso a forme di vessazione, sevizia, tortura fisica.              
    Proprio per questo è certo, che ogni retrodatazione di questo “livello della giuridicità”, è lesivo oltretutto dell’efficacia della battaglia. Pensiamo, nella fattispecie, ai primi anni 70 : erano quelli in cui la forza del movimento per “Valpreda libero!”, incastonata nel contesto di un’onda lunga di contestazione generalizzata delle istituzioni sociali, aveva  imposto d’impeto modificazioni strabilianti della <costituzione materiale>,  determinato allargamento delle garanzie, messa in mora di dispositivi repressivi correnti, quali il fermo e l’interrogatorio di polizia e tutto il connesso armamentario. Che poi, a partire dalla legge-Reale prima,  poi dall’emergenza carceri nel 76, e soprattutto dopo l’affaire-Moro, si sia prodotto un ciclo inverso, le brecce, invece che diventare squarci, siano state richiuse, anzi : che tutto questo sia stato rimangiato con interessi elevatissimi,  conferma solo che esiste evidentement un intreccio continuo di azione e di reazione, di rivoluzione e controrivoluzione, di tendenze all’insurrezione e di contro-insurrezione preventiva ; e che,  <potere e contropotere, alla lunga è la forza che trancia>.
E continuiamo l’elencazione degli argomenti di una – se necessario – possibile campagna.
** Critica del carattere  anche <antigiuridico> della decisione francese di dichiarare Battisti estradabile, e del rigetto dei ricorsi al Consiglio di Stato e ad istanze europee avverso il decreto d’estradizione. La critica si appunta al rovesciamento di giurisprudenza sulla questione della contumacia ; all’applicazione retroattiva di questo rovesciamento ; al calpestamento del principio del ne bis ni idem, cioè del principio secondo cui <nessuno può essere giudicato due o più volte per gli stessi fatti>.
*** Rivendicazione del fondamento giuridico-politico, costituzionale, di un rifiuto dell’estradizione di Battisti da parte del Brasile . Ci limitiamo  ad indicare le ragioni macroscopiche : la prima, è che, avendo il Brasile abolito l’ergastolo, dovrebbe valere quello che vale per la pena di morte: è riconosciuto legittimo tra partners della stessa natura – statuale – che il Paese a cui è richiesto di estradare rifiuti di inviare qualcuno a subire  una qualità di pena che in questo Paese sia stata abolita o non esista. La seconda, è che esiste la regola dell’applicazione al caso in oggetto da parte del Paese “richiesto” – così come delle proprie regole di procedura, della lettera e dello spirito del proprio “ordine giuridico interno” oltreché di quello internazionale –  di misure prese rispetto al trattamento penale nel proprio spazio di sovranità: nella fattispecie, l’amnistia per reati d’ispirazione politico sociale, quantunque definiti dall’aleatorio termine <terrorismo>. Tralasciamo  di parlare del punto della contumacia e di altri esistenti ad abundantiam. Nonché dei problemi riguardanti la separazione dei poteri e il rispetto delle rispettive sfere di decisione sovrana. A questo si possono aggiungere coinsiderazioni di senso comune –  le stesse che fondano il principio delle prescrizioni – sulla mostruosità di una giustizia infinita, sull’assurdità di una temporalità immobile, se non regressiva, che contraddice tutto il pensiero giuridico sulla pena, salvo nel caso di presupposti teologici, o da <Stato etico>.
    La materia per una appassionata, rigorosa, efficace campagna dunque esiste. Spesso, si verificano delle coincidenze contingenti (per sovrapposizione, come nel caso della luna e del sole nelle eclissi…), fra  interesse e passione nostra, e interesse loro, di questi e quelli del loro ‘campo’.
Noi non coltiviamo illusioni, ingenue o più o meno oggettivamente subalterne e conniventi con la fame di legittimazione dell’ordine costituito. Beninteso, non dimentichiamo (ma proprio per questo non abbiamo bisogno di ripetere, di ripetercelo, come un ritornello, una giaculatoria) che <Non si governa senza crimine>, com’è detto nel Principe di Machiavelli (e poco importa se al primo grado, come precetto al duca Valentino, o al secondo, per “alle genti svela[re] di che lagrime grondi, e di che sangue….>). Sappiamo che descrive il vero, ciò che è, la massima attribuita a Stalin (in questo caso, enunciata “al primo grado”…) secondo cui <un morto è una tragedia, un milione di morti una statistica>. Sappiamo che statisti, imprenditori, & così via, potrebbero senza batter ciglio e magari sentendosi puliti e incolpevoli, irresponsabili,  decider cose che, ‘via’ più o meno lunghi concatenamenti di effetti, possono provocare la morte di un milione di persone – la storia del 20° secolo è l’esempio sinora estremo di ciò. Ciò detto, per un “Paese richiesto”, vale la logica utilitaristica del calcolo di profitti e perdite, stante che – così come avviene anche nelle cosiddette “Opinioni pubbliche” – il <nemico interno> di un altro Stato non è equipollente al <nemico interno> proprio. E che in questo caso particolarmente, il calcolo prevarrebbe sulle passioni.
    Se estradassero – o più precisamente, se avviassero oggi un passo più in là nello ‘scivolo’ verso l’estradizione – Cesare Battisti, questo non potrebbe non aprire un “effetto-domino” che comincerebbe con un rilancio, un ri-scatenamento delle campagne di parte italiana per strappare delle vite, nel senso del “raschiare il fondo del barile” (secondo una vecchia definizione cossighiana). Molto di più che come ricerca di una révanche, di un “premio di consolazione” compensativo nel caso che Battisti sfuggiosse alle loro grinfie, un “precedente” a loro favorevole da parte brasiliana provocherebbe un loro tornare a scatenarsi sul “caso francese”.  Direbbero che è la Francia che fa eccezione, manifestando una non-solidarietà fra “Pari”, inter-statale, e rivelando così un pregiudizio “anti-italiano” (che viene attribuito alle diaboliche mene propagandistiche, in primis di nojaltri “rifugiati” in virtù della politica di Mitterrand in materia). E’ un po’ come nel caso di eventuali concessioni dell’estradizione di rifugiati di altri Paesi, e tipologicamente coincidenti con la fattispecie di persone a cui si adatterebbe la <clausola umanitaria> fatta inserire come riserva dalla Francia nella Convenzione europea sulle estradizioni del ’57, che -- salvo non si calpesti definitivamente e completamente il principio della non-retroattività -- resta quella di riferimento per i fatti degli anni ’70, fino alla ratifica della Convenzione di Strasburgo nell’88: essa rilancerebbe le pressioni di parte italiana, perché pêrmetterebbe di dire che “allora, è proprio con l’Italia che ce l’avete…, è essa che state delegittimando!”.
    Il nostro non è dunque – o comunque, non solo – un atteggiamento dettato da “ottimismo della volontà”, o analisi wishful-thinking : né sulla decisione in ballo oggi, né sull’eventuale necessità, a cominciare dal day after, di aprire nuove battaglie. Ci fermiamo  qui, su queste note un po’ aridamente “politologiche”, non potendo far altro, per intanto – a questo punto – all’ora che è, che incrociare le dita….

Paris, 8-9 settembre 2009,              Oreste Scalzone
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20 août 2009 4 20 /08 /août /2009 12:36
Abbiamo da vendere
solo la libertà
che non si vende
e nessuno vuole
comprarcela
allora in strada
vogliamo darla
a un passante che passa
e lui neppure
la vuole

Ora che abbiamo deciso
di non vendere niente
tutti si fermano per chiederci
ciò che vendiamo

Dietro di noi
la libertà ci tocca la spalla
e ci accompagna
quando andiamo via

Il suo scoppio di risa
ci lascia monete
per comprare
tutto ciò che vogliamo
e non vuole vendersi

Il riso delle nostre scelte
è al prezzo
della sua libertà


serge pey
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11 août 2009 2 11 /08 /août /2009 10:16
il manifesto Sabato 8 agosto 2009                     pag.13, CULTURA & VISIONI     TAGLIO MEDIO   |  di Michele Fumagallo SALERNO
MAESTRI DI CINEMA
                                                                            «Su Grifi su Ceste», «trip» sperimentale con Oreste Scalzone
             Non è proprio facile, in una serata d'agosto e in un'Italia così disastrata dal punto di vista della sperimentazione e del gusto, riempire uno spazio pubblico e anzi strabordare nella piazza antistante. È accaduto a Salerno, nella chiesa sconsacrata di Sant'Apollonia, nel centro storico della città, per la serata contro (un antagonismo verso i conformismi di tutte le politiche, di cui si ha bisogno sempre più come l'aria) dedicata - dal regista e organizzatore culturale Michele Schiavino - ad Alberto Grifi e Armando Ceste, con la complicità di Oreste Scalzone. Le figure di Grifi e Ceste sono state presenti non solo in due dei loro lavori (In viaggio con Patrizia e Ma le parole sono importanti. Video lettera da Parigi di Oreste Scalzone nel 1996), hanno anche fatto da sottofondo alla vera rarità e anteprima assoluta che è stata l'intervista di Michele Schiavino (un work in progress di cui si sono visti 18 minuti che diventeranno un film molto più lungo in autunno, con la partecipazione diretta dell'intervistato sul montaggio) a Oreste Scalzone, pellegrino tra i rifiuti di Napoli e la difficile lotta contro quel degrado. Il titolo del film di Schiavino, Su Grifi su Ceste, mai così sinteticamente azzeccato, è già tutto un programma, ma è la capacità del regista di posizionare la video camera sul volto di Scalzone, sui particolari, sul respiro, a colpire. Un modo per mettere in risalto non solo il corpo e la fatica ma di coniugare in mocdo forte il discorso di Scalzone sul cinema e sui due cineasti, col suo privato e con la lotta in atto, non solo a Napoli. «Mio padre era di Casal di Principe - attacca Scalzone, virgilio durante la manifestazione antirifiuti a Pianura - ma non ci sono mai ritornato, né sono mai ritornato a Napoli. Ne avevo paura e non perché da Parigi la città appariva, secondo l'informazione ufficiale, un luogo dove non si faceva altro che sparare. Piuttosto, per qualcosa che aveva più a che fare con una stretta al cuore (e canticchia «Munasterie 'e Santa Chiara», ndr)». 
Poi il viaggio, dentro una manifestazione difficile, riprende ed emoziona. Scalzone affronta le tematiche delle banlieue parigine, mette in guardia dagli schematismi e dalle conoscenze sbagliate di una generazione di ragazzi francesi, spesso non capita neanche dai giovani un po' più adulti (ma compresa dall'avversario, Le Monde sfoderò una definizione perfetta: rivolta giovanile senza capi né programmi). E naturalmente il cinema di Ceste e Grifi è il viatico dell'incontro e linfa vitale dell'intervista. «Grifi era un mostro sacro per noi - riprende Scalzone - e quindi ti lascio immaginare la mia emozione quando ho saputo del suo giudizio lusinghiero sul video di Ceste e la mia lettera da Parigi. Anna è stato un cult film e così le sue concezioni straordinarie sul cinema. Ricordo anche la sua generosità quando mi fece sapere che era disponibile per un intervento sull'amnistia». Bella, nell'introduzione della serata, la lettura fatta da Alfonso Natella (il protagonista di Vogliamo tutto di Nanni Balestrini) di un pezzo di Erri De Luca dedicato a Scalzone.
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25 juillet 2009 6 25 /07 /juillet /2009 16:20

Des camarades - militants des luttes sociales radicales des années post 68 - réfugiés en France depuis des décennies, risquent aujourd'hui l'extradition, en raison de la nouvelle politique européenne.

Le collectif de soutien renforce sa vigilance

Le moment venu, si certain(e)s de nos ami(e)s, de nos camarades sont directement menacé(e)s, nous ferons de nos maisons un refuge, de nos corps un barrage !

Rejoignez-nous, pour deux journées d'information, de résistance et de rencontre festive les  25 et 26 Juillet, de 16h00 à minuit 67 rue de la Mare,  Paris 20ème.  M°Jourdain


Programme des 25-26 Juillet

16h : Pot d’accueil

16h30 : Débat avec Oreste Scalzone

- Samedi : « La révolte et l’exil »

- Samedi : « The Weather Underground », documentaire de Sam Green et Bill Siegel (92 mn)

Chronique de la lutte de la « Weather Underground Organisation », contre l’administration Nixon. Sur fond d’images d’archives, d’anciens membres et leaders du groupe témoignent.


-Dimanche : « Action politique et vengeance d’Etat »

18h30 :Départ en musique vers « l’espace Louise Michel », rue des Cascades, pour la projection de :

-Dimanche :  « Des « terroristes » à la retraite », documentaire de Mosco Boucault  (84mn)

Les 7 survivants du groupe Manouchian, résistants communistes étrangers, juifs pour la plupart, racontent l’itinéraire qui les a amenés en France, puis à la résistance et à la lutte armée

20h : Débat sur le film

21h : Retour à la Maison-Abri

Repas en musique

 

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18 juillet 2009 6 18 /07 /juillet /2009 11:57
Articolo apparso su "L'Altro"


« Me l'hanno ucciso due volte ! », « È come se l'avessero uccisa una seconda volta ! » : da qualche anno in qua, e in crescendo, questo grido, grida come queste, echeggiano per l'Europa, risuonando con altri urli straziati e agghiaccianti, che si levano nel, e dal mondo. Umano, umanissimo, troppo umano... Forse che non è umana - tra ferinità e culture, innato e acquisito ; tra strazî, voci, vociferazioni, echi, voci-di-dentro, ipostasi, trascendenze e loro calchi ri-mondanizzati, caso e necessità, passioni, pulsioni, economie libidinali, lutti ed elaborazioni, razionalizzazioni, e ancora - forse che non è umana la vendetta, l'infanticidio, il matricidio e parricidio, il massacro ? E che, lo stupro non è umano ? E il "far giustizia", far giustizia da sé, "giustiziare" lo stupratore con le proprie mani, forse che è fuori dall'umano, "sotto-umano" ? L'infanticida Maria Carrar, o Rina Fort, Pierre Rivière, o l'uomo che "in mite luce/strangolò il padre e la madre suoi", non sono fenomeni de l'umano ? Forse che anche tutto questo non è un proprio di questa specie anomala, « specializzata nella parola » epperciostesso « pericolosa », specie d'esseri parlanti, p[a]roletarî, sportisi fuori di sé, fuori dell'essere, riguardatisi, aventi inferito mortalità, alterità, scoperto/inventato Tempo, angoscia, infelicità, praticata con disperata vitalità - persistenza nel proprio essere - la propria potenza ? Cosa si vuol dire, obiettare, argomentare a una madre, figura archetipale assunta anche a simbolo di tante altre, che urli come un'Erinni, contro la vita e la morte e il destino e gli Dei, e tutto concentri, risentimento immenso mortale, contro qualcuno ritenuto responsabile dell'immensa tragedia "contro-natura" di dover sopravvivere a un figlio soppresso, sempre anzitempo, sempre come infinita nequizie ? Ma, giustamente, ogni con-vivenza possibile ha da trascendere l' « umano », essere anche, in certo senso, sovr'umana.


Qui sta il punto. Non appena, sol che strappiamo lo sguardo dall'immagine assoluta, decontestualizzata - épochè e blow-up, cronotopo di quell'urlo, le razionalizzazioni di quell'urlo - il suo attizzarlo, aizzarlo, ripercuoterlo, farlo risuonare ; il suo farne base di dottrina, il suo usarlo, legittimarlo, renderlo principio attivo, pubblica morale - è crimine, e al contempo mortale errore.


Cominciamo da figure, funzioni e personaggi, territorî esistenziali a noi lontani e nemici, nel senso di una radicale estraneità ostile. Gli "uomini pubblici", uomini "di Stato", in questa specifica vicenda dello sparo assassino del poliziotto Spaccarotella che ha stroncato la vita del giovane Sandri, si trovano stritolati tra due principî loro, e la loro torsione. Da un lato, qualsiasi giustificazione, qualsiasi minimizzazione dell'atto, comporta, al di là di tutto, di calpestare, di contraddire - mostrandone così il carattere mistificatorio, strumentale e fallace - loro fondamentali enunciati. Che spari così un uomo legalmente autorizzato a portare un'arma, in esecuzione del principio fondativo della forza legale, la detenzione del monopolio della forza legittima, rende l'atto ancor più grave, e non il contrario : chè consustanziale di questa facoltà, di questo autodecretato "diritto" dello Stato, è la necessaria autolimitazione di questa stessa forza, senza la quale esso diverrebbe realmente, nonché apparirebbe, come la banda più forte. Si chiuderebbe così il cerchio, rilegittimando la guerra di ciascuno, la « guerra di tutti contro tutti », di ciasuno contro ciascun altro. Qui, si rivelano pieni di vermi gli stracci, i lacerti di « legittimità » di chi pretende - nel mentre che uno stessa Autorità a cui è demandata la facoltà, il potere di decreto su ciò che si chiama Verità e Giustizia commina a chi sia decretato colpevole d'immigrazione clandestina, illegale, una stessa quantità di pena che quella irrogata all'uomo in armi e in divisa che si è ritenuto autorizzato a sentenziare ed eseguire l'assassinio di un senz'armi, « inerme » - di legiferare su un aumento incessante del ‘sorvegliare e punire' proponendolo al male di vivere come una soluzione, soluzione, appunto, penale di un'infelicità su cui si versa ogni giorno benzina.


Sono gli stessi - poteri costituiti, funzioni, circoli, correnti, attori istituzionali, politici - che, d'altro canto, hanno aizzato, sacralizzato, esercitato una torbida majeusi rispetto a quell'urlo assoluto, agghiacciante che chiede, che reclama dalla « Giustizia penale » il ruolo di cinghia di trasmissione, di braccio secolare, di dispositivo di esecuzione di quello che è sentito come un proprio bisogno assoluto di ottener vendetta, di esser dal castigo del colpevole risarcito, addirittura restituito alla vita, alla possibilità di elaborare il lutto.


Per questo, statisti, politicians, figure dei più diversi poteri sociali costituiti, "fabbricanti di Doxa", Opinion-makers istituzionali, produttori di pensiero-Propaganda, pensatori ‘dall'alto' , dall'alto-in-basso, da sovrastanti a sotto-posti, risultano, nel gestire con quelle che sono comunque delle nov.langues la messinscena, lo Spettacolo delle controversie su questo e consimili « dilemmi morali », dei tristi figuri che si contorcono in figurazioni di rara pornografia.

Il loro improvviso giustificazionismo ad hoc, sul piano etico-storico, risulta una forma, più o meno tartufesca, più o meno sfrontata, di vero e proprio negazionismo, con annessa predisposizione di una sorta di "licenza di uccidere". E - se possibile ancor peggiore - la loro demagogia micro-populista, che incoraggia e legittima la razionalizzazione politico-sociale della trasformazione della Giustizia penale in fiera e mercato della supremazìa del bisogno incoercibile di esecuzione legale della propria privata - atrocemente umana - vendetta, ne fa dei sanguinosi demagoghi di un populismo penale, spesso microfisico, votato ad una catastrofe dell'umano in accelerazione crescente.


Chi si ponga, con disperata -quantomeno - volontà in un'ottica di Battaglia per la liberazione sociale umana, deve, per cominciare, riconoscere il carattere di rompicapo, di « dilemma morale » in senso stretto, dell'alternativa così come viene posta, sia da speculari e complementari manicheismi, sia da tutta la gamma di sfumature intermedie, con i più svariati dosaggi e combinazioni di elementi, di concetti tutti schiacciati sul piano, bi-dimensionale, su cui si disegna il dilemma. Questo solo può permettere di tentare l'unica cosa che valga : non già schierarsi su un polo o l'opposto della "Coppia oppositiva" sbattutaci in faccia, o esercitarsi in tutte le variazioni possibili striscianti sempre sul medesimo piano ; ma cominciare ad operare un esodo, a ricercare una linea di fuga, a decostruire il piano stesso, esplorando altre dimensioni.

Su questo, chi scrive si permette di domandare la parola per poter sviluppare - a partire da alcune considerazioni critico-comparative, da alcuni ‘spunti' ad alta caratteristica sintomatica - un ragionamento, che ponga, argomentandole e offrendole a messa alla prova di confutazione, alcune domande radicali.


16 luglio 2009 Oreste Scalzone

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6 juillet 2009 1 06 /07 /juillet /2009 21:57

Oggi, lunedì 6 luglio, la Procura di Torino ha dato il via a perquisizioni in tutta Italia arrestando ventuno attivisti e studenti dell' Onda Anomala che lo scorso 19 maggio hanno partecipato alla minifestazione contro il G8 dell'università tenutosi a Torino.

I reati contestati sono violenza nei confronti degli appartenenti alla forza pubblica, lesioni personali e resistenza aggravata  a pubblico ufficiale.

Due fino a questo momento sono gli arersti avvenuti a Padova, dodici a Torino, quattro a Bologna. Il nostro compagno Omid Firouzi, che in questo momento si trova all'estero, è scampato all'arresto.

La manifestazione di Torino faceva parte del percorso di mobilitazioni contro le trasformazioni e lo smantellamento del sistema universitario e dell'istruzione pubblica che le ultime riforme hanno imposto a colpi di tagli e privatizzazioni, un percorso che ha visto negli ultimi mesi centinaia di migliaia di studenti, ricercatori e docenti scendere in piazza per la difesa di un sapere e di una ricerca liberi al grido "Noi la vostra crisi non la paghiamo!

In questa massiccia operazione poliziesca viene colpito chi fino ad ora è stato protagonista delle mobilitazioni dell'università, chi da anni produce conflitto nelle città e nei territori contro le politiche dell'intolleranza, del razzismo, dell'insicurezza, della precarizzazione della vita.

Si tratta di una chiara intimidazione: la debolezza delle accuse e l'inconsistenza delle prove sono la conferma che è esclusivamente un tentativo di impaurire e chiudere la bocca ad ogni forma di dissenso.
Non a caso questa massicia manovra repressiva avviene dopo la grande manifestazione di Vicenza contro l'allargamento della base militare Dal molin, a ridosso della contestazione del vertice G8 dell'Aquila.
Ma la nostra risposta è e sarà sempre la stessa, il nostro conflitto non si arresta!

Solidarietà a tutti gli arrestati!
Liberi tutti, liberi subito!
 
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30 juin 2009 2 30 /06 /juin /2009 00:53
" Sono le 16 e tutto va bene..." [madama la marchesa?] ... Forse è stato un falso allarme, "una vertigine, un falso batticuor...", un effetto-telefono senza fili (che il francese post-coloniale chiama "telefono arabo"), un pregiudizio da "paranoia", una sorta di attrazione fatale per l'abisso, specie di repulsione/attrazione...  Forse è stata solo una previsione fondatamente pessimistica sull'epilogo, solo un po' 'in anticipo' per un effetto di precipitazione... Comunque - che sia un bene o un male -, non c'è rischio qui ora di "peofezia autorealizzantesi"...
Vedremo. E nel frattempo, converrebbe pensare a che fare.

Giornal'immaginario Cronaca da uno dei tanti punti nevralgici nella 'mappa' della Cosmo-macchina
I) A che punto è la notte ?
La ronda 'rossobruna', nazional-padronale, della Confederation Génerale du Travail  "dai colori della Francia" contro «la migranza» in carn'& ossa

Paris, 25 giugno 2009

   Alle tre del mattino, poco prima del crepuscolo aurorale anticipato dai primi uccelli che sembrano risvegliare il sole chè venga a far luce, il largo marciapiede un po' sopraelevato che sul filo del tempo per così dire, ha visto passare genti, moltitudini a milioni, fiumane di ricorrenti ripetizioni dei cortei delle classes dangereuses che discendevano i faubourg, dalle ban-lieues, zone del bando e dei banditi, verso i cronotopi dei poteri costituiti, il largo marciapiede dicevamo, bagnato e corso da rigagnoli era coperto per duecento metri da quelli che arrivando in machina potevano sembrare fagotti di cenci.
    Immagine un po' apocalittica - vengono in mente quelle ormai banalizzate dall'occhio mass-mediatico che percorre il mondo, "globo terracqueo" fattosi nell'ultimo mezzo millennio reale 'locale', villaggio davanti alla porta di casa. Mondo come cantiere, in incessante autocostruzione, come una "ri-Genesi" : divenuto - a partire dal suo essere "fisico", di natura - Cosmo-macchina, storico-sociale, tecno-economica, militare e  culturale &quant'altro. Mondo, percorso, 'monitorato', come da raggio-laser, fascio di luce gettato da satelliti sovrastanti, che ne avvolge l'intera superficie come un filo di gomitolo. Ecco cosa vuol dire che la filosofia non può conoscere il mondo senza perciostesso trasformarlo, ricongiungersi con la volontà che riconosce la necessita radicale di ciò, e non può che ricongiungere la conoscenza e l'azione.
    L'ammasso di cenci circondato a chiuderlo da transenne metalliche guardate a vista da néré sagome di poliziotti d'intervento, a loro volta con le spalle coperte da teorie di camion, l'ammasso di cenci ne ricorda altri, su cui si sofferma nel tempo sospeso di qualche precipitazione di tragedia il laser sinottico della "civiltà dell'immagine", facendo un blow-up, indugiando sui dettagli e costituendo un 'calco' del tempo reale, come nella diretta interminabile dell'agonìa di Alfredino di Vermicino. Potrebb'essere uno scorcio di terre dopo uno Tsunami, un'immagine di piazzale di arrivo e smistamento di « campo », oppure una sala d'attesa d'aeroporto dove il cuore in angoscia attende paventandola conferma di un cattivo presagio logicamente fondato.
    Avvicinandosi, si cominciano a distinguere facce, sagome di corpi, qualche brace di sigaretta, iskra che buca la notte. Potrebbero essere corpi - morti o ancor vivi, eccola la nuda vita ! - di deportati, respinti, cacciati a forza verso esodo forzato, in fuga senza fine. O corpi decisamente morti, di massacrati, di sterminati, di espulsi dall'umano, "sotto-uomini" (il maschile tiene qui luogo di generale-astratto, declinabile quanto e come si vuole e si può).
    Sono bambini, donne, uomini avvoltolati in coperte, in sacchi a pelo - o in niente, sdraiati su qualche brandina più o meno da campo, chi raggomitolato in un sonno che si imagina buio, pesto e pesante e chissà se senza sogni, e incubi, o forse no. Parecchi stanno sollevati, appoggiati sul gomito a parlare. Overload di sottovoce, con qualche acuto, scoppio, abreazione, ragionamento.
    Forse l'ora tarda, preceduta da una lunga difficile discussione, sovradeterminata da angoscia, sul che fare per legare con umile congiura la mano presidenziale che da un mese potrebbe ad ogni momento firmare la deportazione estradizionale dei nostri compagni, amici, "parenti" Sonja e Christian verso, per cominciare, un quattro anni di detenzione preventiva, pena anticipata come fatto compiuto trentacinque anni dopo i fatti di cui lo Stato della Repubblica di Germania li accusa, forse l'ora e la stanchezza come da ubriachi fa 'partire' per elucubrazioni un po' allucinate.
    Penso..., metto inevitabilmente 'in equazione' la dimensione, il carattere estremo di questa 'visione' di corpi notturnamente raggomitolati tra i rigagnoli - la portata della "questione" di sui sono solo un piccolo episodio, un sintomo, che è ulteriormente dilatato dal senso, al tempo stesso, di déjà vu e di se possibile, ancora "inaudito", relativamente ancor'inedito nella scala dei parossismi - e dei nostri, disparati e con denominatori e radici e sensi comuni, "variazioni-su-tema", dei nostri - dicevo - punti d'applicazione specifici, in qualche modo 'locali'. Quelli di questi giorni, dall' "eterna" emergenza per una, per qualche estradizione in agguato, allé campagne, le mobilitazioni, le scritturazioni, le notti bianche, le manifestazioni "con scontri e tutto" per gli arrestati "di Tarnac", gli altri, diversi e affini, incarcerati sotto il registro dell' « antiterrorismo », braccati, rastrellati, messi sotto controllo giudiziario, per "anarco-autonomia", per insurrezionalismo comunista, per ribellioni, tumulti, sabotaggi, & via così...
    Mi confermo nell'idea, che non bisogna lasciarsi afferrare dal virus del c'è ben altro..., del sempre altr'ove, altroquando, altrimenti ; del sì, ma..., che produce automortificazione, tarlo di sensi di colpa destinati, per respirare, ad essere - rovesciatisi in vittimismo, in legittimismo, in vertigine e pozzo senza fondo di competizioni che tirano in basso, insabbiano in sabbie mobili, destinano a nulla anticipato, mortificano - esportati proiettivamente su altrui...
    É évidente che il trascegliere - nella morsa dolorosa di un conàto di ubiquità, che va assieme a conati di onnipotenza, di Assoluto, di Unicità e di Identi[ci]tà... - che cosa si può tetare di faré Sulla base dell'identificazione di una sfera di pertinenza, di responsabilità, su base di prossimità, di un qualche 'locale', certo non risolve, ma è l'unico scampo, nel carnevale della Storia, nel crescere esponenziale di un'agghiacciante trasparenza, che svela, fa affiorare, porta alla luce pieghe, sfaccettature, recessi, sottofondi, rovesci di medaglie, effetti secondarî...
    La frase (forse di Stalin, comunque attribuitagli, come quell'altra su « Quante divisioni ? »), la formula ferocemente realista e cinica - nel senso del « cinismo moderno » giustapposto da Sloterdijk a quello antico, « cunismo » - che recita « un morto è una tragedia, un milione di morti è una statistica », è anche, epperciò tanto più terrificante, vera. Quel marciapiede di corpi non è il fondo del peggio, navigando erraticamente 'in rete' si può trovare dell'incommensurabilmente più grave, più significativo, più tremendo. Ma, questo marciapiede, è qui, ora, su un piano di consistenza immanente, non più consistente di altri in sé, 'di per sé', ma per noi. E quando tutto questo fosse livellato, da un trasferimento intero sull'immenso schermo virtuale di una second, o third o quel che si voglia, life, davvero l'impossibilità di stabilire criterî di scelta dell'applicazione propria, di priorità, porterebbe a uno sfacelo irreparabile. Sfacelo psichico, sfacelo logopatico, catastrofe della semiosfera, della logosfera. Catastrofe del mentale, etica, catastrofe umana - di questa specie animale anomala, singolare, d' « esseri parlanti », « specializzati nella parola » (epperciostesso « pericolosi »...), che potremmo definire paroletaria.
    Raggiungiamo i capannelli, si materializzano facce di compagni e compagne. Cerchiamo, troviamo quelli di "noialtri" che in questi quattordici o quindici mesi hanno dedicato passione, applicazione, tempo di vita a questa sorta di zattera ferma nel cuore di Parigi, fatto con i sans-papier giornali, radio, televisioni porta-a-porta, un sito nella Tela, dibattiti nella grande corte della Bourse de Travail di rue Charlot occupata, divenuta come una piazza di villaggio africano. (Bourse de Travail .... sono vecchie - potremmo dire, antiche, riandando all' Ottocento - istituizioni territoriali dei movimenti operai, presto "formattate" dalle strutture sindacali, di « Movimento Operaio » iniziali maiuscole).
    Cerchiamo, troviamo o ci dicono che sono qua o là - bisogna stare attenti a camminare per non calpestare coperte, quando non corpi -, Claudio, François o Michel, complici nella facitura di un aperiodico Quotidién des sans-papiers, poi del Journal de la Bourse du travail occupée, e altro ancora... Incontriamo un sacco di gente, sans-papiers, "compagnerìa".
    Ci dicono tutti quello che poi stamattina troviamo, chiunque può trovare, confermato sulla Stampa, nella 'rete', addirittura sfrontatamente rivendicato nei comunicati.
    É stata una squadraccia, una squadra d'azione del Servizio d'Ordine della CGT, la Confederazione generale del lavoro, padrona dei luoghi, gerente l'edificio, che - dopo aver "schiumato" per tutti i quattordici mesi dell'occupazione, ieri verso mezzogiorno è passata all'atto.
    Tutti i disagî, i disfunzionamenti, le ragioni accampate hanno un loro fondamento (ma questo vale sempre, o comunque in tanti altri casi...). Al limite, per 'uno come me', forse sarebbe stato ancora peggiore se avessero fatto la stessa cosa per interposta polizia invece che passando all'azione diretta, terrorizzando 'in proprio' per primi i bambini, con una brutalità che a torto si usa - con termine etnocentrista e civilizzatore - definire « barbara » e « selvaggia ». Ma queste sono sfumature, dettagli. Resta, che hanno compiuto un passo, un salto mortale, uno strappo, che non è nuovo ma è sempre un po' nuovo e un po' diverso.
    Fa di nuovo irruzione sulla scena lo chauvinismo del « socialismo dai colori della Francia » che aveva spinto al crimine trent'anni fa il sindaco-PCF ("nazional-comunista" ?) di Vitry, il quale  aveva rotto un tabù mandando le ruspe a radere al suolo un foyer d'immigrati magrebini (con il pretesto - che, come sempre, o quasi, aveva anche degli elementi di fondamento : e allora ?, questo vale, appunto, quasi sempre, non è qui il nodo della cosa ! - che gl'immigrati doveva prenderseli il sindaco giscardiano del commune attiguo, ché la dislocazione delle residenze degli immigrati veniva fatta dalle autorità in modo non casuale, e provocava la spirale viziosa dell'impoverimento crescente dei comuni le cui entrate fiscali si abbassano in modo corrispondente alla modificazione della composizione sociale dei residenti, con i relativi effetti di degrado).
    Allora, la breccia aperta dal sindaco di Vitry aveva creato le pre-condizioni dell'irruzione della forma "lepenista" di questo stesso riflesso, di queste passioni tristi, di questo risentimento intruppato in mentalità e comportamenti da white-shit, di populismo, "popolaccismo" xenofobo, nutrito di antiche ossessioni anti-semite e di più recenti pozzi neri viscerali e mentali colonialisti, post-colonialisti, corporativi, servo/padronali... (Comportamenti e mentalità che in Francia, in generale, non sono passati all'azione diretta, e sono restati piuttosto su quella ideologico-elettorale : comunque più grave dei 'picchi' arrivati a sfiorare il 20%, soprattutto per il suo effetto indiretto, di scatenare una corsa a "rasar l'erba sotto i piedi di Le Pen" sottraendogli, facendo proprie, le rivendicazioni e proposte che incarnava. Giusta il noto modello di un fascismo per motivi antifascisti...).
    Nella sequenza di ferro e fuoco degli anni '20 e '30, risoluzioni congressuali del Komintern (la « Terza internazionale » bolscevìca) avevano parlato - nella fase della dottrina della « classe contro classe » che recuperava strumentalmente, pro tempore e in chiave di Real-politik,  uno schema che all'apparenza sembrava riecheggiare le tematiche del comunismo di sinistra, internazionalista, consiliare, neo-comunardo -, di « social-fascismo »  a proposito della socialdemocrazia, su un filo di discorso che arrivò fino al patto Molotov-Ribbentropp (poi, naturalmente, sulla base della medesima "disinvoltura", questo schéma fu arrovesciato, e fu Yalta, la pratica e la mistica dei fronti popolari e democratico-antifascisti con le "demo-plutocrazie" nord-occidentali...).
    Potremmo dire, tagliando rozzamente, che una serie di parole composte più radicali che una lama di rasoio possono essere applicate, come definizioni critiche e criticisime, sia alla socialdemocrazia che - a maggior ragione data la sua potenza di mi[s]tificazione, e innanzitutto il potere di contraffazione onomastica e di manipolazione nel profondo delle "soggettività", fino alle passioni, agli affetti più viscerali - alla variante "boscevica", social-©omunista, del 'corpus' del "marxismo volgare, anti-marxiano", kautsko-lassalliano, vera e propria controrivoluzione contro il comunismo "comunardo". Possiamo parlare di socialismi lavoristi/padronali, capitalistici, statali, e dunque anche nazionalisti, colonialisti, imperialisti, xenofobi, razzisti,  "fascisti"...
    D'altronde, il fascismo, il nazional-socialismo non sono forse, tra l'altro, nella loro effettualità sociale, l'intruppamento di milioni di proletarî, e di operai, in forme 'stornate', deformate, mostruose che "formattano" l'odio di classe internamente corrompendolo, snaturandolo, trainandolo verso una conseguenza abbietta, il 'rifarsela' sugli ancor più deboli, il riprodurre relazioni di sopraffazione, di sottomissione, a catena, a cascata, in una corsa miserabile spinta da concorrenza mimetica, in un gioco di scaricabarile o comunque, al massimo, di  specularità subalterna, come ritorsione ?
    Senza rischiare di doverci sentir accusare di « banalizzazione », non possiamo vedere nell'uovo del serpente del cumulo di ambivalenze risolventisi in ambiguità a premessa di successive decantazioni, che connotava le prime scorribande delle S.A. nelle strade di Weimar, l'embrione di quello che sarà lo scenario risolutamente apocalittico degli ultimi anni '30 e della prima méta dei '40 ?
    Niente si ripete mai identicamente (e la frase di Marx sulla farsa come 'calco' e réplica della tragedia non è certo una regoletta catechistica). Niente si ripete identicamente, ma questo non vuol dire che ogni volta si pensi all' assolutamente inedito - è per questo che, nel finale dell'Arturo Ui, Brecht attira l'attenzione sul grembo sempre fertile che partorì la bestia immonda.
    Dev'essere però mostrato con chiarezza che ciò che ha deciso e fatto eseguire da elementi della sua truppa la CGT ieri, è della stessa natura di ciò che la Lega Nord o i caricaturali nazistoidi di Saja stanno inscenando nelle strade delle città italiane. Si tratta di "formattazione" del male di vivere nelle forme che, in una luminosa definizione benjaminiana, sono le più antitetiche all'autocognizione come classe, che è dunque forma autopoïetica. White-shit, soldataglia coloniale, turba fascista, teppa shalamoviana - ognuna inquadrata dai corrispondenti gerarchi e relative catene : queste sono le definizioni appropriate.
Se il nostro urlo è se possibile, ancora più forte, questo viene non foss'altro che dal fatto della confusione e delle mistificazioni (con eventuale esito di disincanto irreparabilmente totale) che una relazione quantomeno di omonimia recano con sé. I Thibaud (il segretario generale dlla CGT - NdO) non sono, in sé, "migliori" o "peggiori" dei Maroni o Hortefeux (il suo omologo di Francia) - questa problematica comparatista su migliori, peggiori, men-peggiori ci sembra insensata. Sono - e chi non lo aveva rivelato interamente prima, in questo passaggio e "momento della verità" lo mostra inequivocabilmente - dei veri e proprî nemici. Ma rispetto ad autorappresentazioni e proiezioni d'attesa e fiducia che essi irradiano, a partire dall'onomastica, i Thibaud rappresentano la componente dell'infamia. Non perché realmente «tradiscano» qualcosa (ché, per come si ponevano ed erano, son sempre stati,  c'era poco o niente da tradire...), ma perché la lunga persistenza del peso delle parole li ha legati, per ragioni di catene genealogiche di cui resta comunque una conseguenza onomastica pregna di mistificazione ed equivoco,  una conseguenza - non foss'altro che questo - di omonimia.
    Se si farà - come il sottoscritto, con altri - pensa si dovrebbe, un corteo alla sede della CGT a porte de Montreuil, non sarà questione di psicodrammi e di "lacreme e parole ammare", ma il dirigere la contestazione, la lotta, volta a volta, là dove risiede il potere costituito responsabile di un atto di ostilità, di vera e propria guerra sociale.
    Una nota - non già di speranza, ma di scommessa : dopo più di ventiquattrore, sono ancora tutti e tutte lì, su quel marciapiede, e a rischio di una retata che li porti in un centro di detenzione, e di smistamento per la deportazione. La vita nuda mostra così la sua irriducibile potenza, disperata vitalità, potenza di persistere nel proprio essere.
                           
II) Mal d'aurora ?                                       
Ancora in forma di 'diario intimo/pubblico'
Paris 28 giugno

    Avevamo intitolato l'inizio di questa Cronaca rapsodica, "A che punto è la notte". Ecco, possiamo dire che la notte è ferma, e segna il passo.
    Se vai all'alba, un po' prima, nell'ora che - come l'ultimo lucore del tramonto - si chiama anch'essa crepuscolo (me l'aveva detto un amico colto e piccolo editore, Michel Valensi de L'Eclat, quando cercava la parola francese 'giusta' per tradurre il titolo de Il declino del Politico di Tronti - controllai sul dizionario, è così)...se ci vai nel mal-d'aurore, Maldoror, la distesa di sacchi a pelo azzurrini, striati di coperte avanastre, color "can-che-fugge", può sembrare una mareggiata. La vita continua, la vita è là, potente, irriducibile.  Epperò come 'a credito', attesta, sospesa, come una libertà provvisoria, e condizionale. Non sono al corrente dei geroglifici micro-politici, micro-politicistici che ci sono dietro, ma stavolta questa vita è quasi sola. Forse questi qua "della Bourse du Travail occupata" si sono messi in una terra di nessuno, troppo "radicalizzata" per certuni, troppo poco per cert'altri ; troppo "rivendicativa" per questi, troppo in rotta di collisione con la citoyenneté de La République per altri ; troppo "sociale" per gli uni, troppo "etno-anticoloniale" per altri... Forse, chissà. Preso dall'aggrovigliarsi e complicarsi crescente della vita, che a momenti sembra arrivato al punto di 'collasso', come d'ingorgo inestricabile, di crosta di ghiaccio che cede, di punto-di-non-ritorno del marasma e di crack !, chi scrive non sa se arrivera a porre la questione. Che qualcuno lo facesse, sarebbe decisamente il caso.
    Ciò premesso, come 'pezza d'appoggio' metterei un qualcosa, scritto un po' come una pagina di diario del giorno dopo, un po' come poscritto.

26.VI.2009

"Ieri arriviamo sul marciapiede brulicante-di-vita sotto la Bourse du travail verso le otto di sera, venendo dalla settimanale "assemblea a cielo aperto" sulla piazza-sagrato del Beaubourg dove - come "ieri" contro l'estradizione di Marina Petrella, oggi testimoniamo della determinazione a interporci coi nostri corpi ad una eventuale sciagurata decisione di estradare i nostri fraterni amici e compagni Sonja e Christian.  I CRS che, a loro volta circondati dalla lunga teoria dei loro camion, circondano il marciapiede e "massa umana" che lo riempie di - anche se disperata, vita -, ti bloccano e ti chiedono di aprire borsa o zaino per controllare. Non già "armi improprie", o "proprie" - che so, metti a uno come me che in un libro di Valcarenghi sulla Milano dei Seventies veniva chiamato "Scalzolotov". No, controllano che non si faccia entrare del cibo ! D'altra parte, ci raccontano dei compagni, conosciuti e sconosciuti, e delle donne ed uomini accampati, che la sera prima si è sfiorata la Battaglia perché gendarmes e CRS eseguivano con puntiglio da banalità del male l'ordine di non lasciar accedere, nemmeno le donne, ad un paio di quei moderni vespasiani d'acciaio, a moneta ed apertura automatica, che troneggiano sui marciapiedi della metropoli. Il motivo, « non lasciar deteriorare delle attrezzature urbane ». Stessa cultura - polizia e sindacati di Stato, servo/padronali - di quella specie di Franti d'altobordo, che - senza nemmeno la virtù democristiana, togliattiana, clerico-liberale e clerico-stalinista di ipocrisie e doppiezze - apre l'impermeabile dell'esibizionista per parlare di « quantitativi di donne » e relativi « utilizzatori » (sto parlando, tanto per non far nomi, dell'On. Avv. Ghedini... non ricordo il prenome di quest'infimo).
    Per fortuna, un paio di compagne vanno a cuocere chili di riso ed altro, e tornano riuscendo a lanciare i sacchetti, un po' come "il cuore oltre i reticolati", e i bambini fanno cena.  A proposito, devo scappare a salutare, con altri uomini e donne della rifugiaterìa parigina, i compagni di Sensibili alle foglie (Marita, Renato e la figlia Cloe ; Nicola, Pierofumarola e qualche altro nuovo amico), che ripartono dopo un convegno su Georges Lapassade, la socioanalisi, gli incroci con la Critica della vita quotidiana di Henri Léfebvre, con la schizoanalisi, la psicoterapia istituzionale, e molto altro. Si è discusso, nell'ultima giornata, di « socio-analisi narrativa », di « stati modificati di coscienza », di tarantula, "morso e rimorso", ed altro. Si discute, qualcuno irrompe cantando e ballando tammurriate, si va avanti fino a tardi. Saluti, appuntamenti, abbracci. Rientro qualche minuto troppo tardi per evitarmi lo scroscio di un acquazzone imponente dopo la cappa del caldo. Crollo a dormire un po', e al risveglio piove ancora.
Nella congiunzione fra fragilità fisica, "salute cagionevole" (da - reale o, reale e decretato da ipocondria esportata e proiettatami addosso dalla prima infanzia - "scampato" di giustezza a complicanze da prematuri), e vigilanza iperestesìaca un po' ipertrofica, penso che una notte di pioggia battente non sia stata sopportabile per la gente di quell'odioso marciapiede. Arrivo là per cercar notizie, e trovo "tutto il villaggio". I teli azzurri di plastica dura coprono le povere cose accatastate contro il muro di pietra e merda della cattedrale sindacale, i bambini scorrazzano, parlano a voce alta le donne in gruppo, gli uomini fumano silenziosi e a domanda ti raccontano.
    Sono tornato a casa solo per scrivere, alla meno peggio, quanto segue. Lo dico in fretta, d'un fiato, senza ripensarci, senza spiegare, spiegarmi, spaccar capelli, farmi avvocato del diavolo, tentar di tagliare la strada a malintesi e altro del genere : devo tornare là, e dunque mi arrendo  ad un assurdo nodo d'ingiunzioni contraddittorie, alla prescrizione, intimazione a doppio taglio, doppio vincolo, nodo scorsoio, groviglio di intimazioni autocontraddittorie, quale « in fretta e breve, conciso e semplice e chiaro e nel linguaggio corrente » ...
"Infame società..." , cantava la romanza anarcomunista "Battan l'otto", originariamente chiamata "Quelli dello sciopero di Terni" (sciopero poi serrata dell'anno millenovecento - moi nonn'Oreste Fabbri lo raccontava, raccontava dei treni coi bambini che partivano per essere accolti dalle braccia fraterne delle famiglie operaie del nord, o di proletari "terroni").
Oggi, ecco, I had a dream. Che una fiumana di gente senza troppi striscioni, bandière, distintivi, orpelli, investa il palazzo rossiccio e vetro della sede centrale della CGT qui a tre passi da dove abitiamo noi, a porte de Montreuil.
Che li si copra di mmerda, li si chiami coi nomi che gli spettano, "Servi dei servi dei servi dei servi", servo/padroni, corporativi, prosseneti, razzisti, stalino-fascisti, teppa, white-shit ! Altro che Lama !
L'affare delle ruspe segno, come un presagio, una profezìa che si autorealizza, l'inizio del declino inesorabile del PCF. Questa vergogna deve segnare l'inizio della fine di un cancro che mina ogni possibilità di anche solo pensare, non si dice la rivoluzione sempre più necessaria e sempre più difficile, fino a sfiorare l'impensabile, ma anche semplicemente delle lotte, foss'anche di adeguate resistenze...
Malgrado a tanti possa far male al cuore, non si può non far soffrire "Billancourt"... * [* L'espressione fu usata da Jean-Paul Sartre, Simone De Beauvoir, Simone Signoret e Yves Montand di ritorno da un ultimo viaggio in URSS dopo il disincantamento. A domanda sul perché non avessero detto a suo tempo, sin da quando se ne erano resi conto, che il « socialismo reale » era innanzitutto una dittatura sul proletariato, risposero « Non potevamo gettare nella disperazione 'Billancourt' » : il nome della fabbrica alludeva, simboleggiava la classe operaia e tutto il gigantesco rizoma di movimenti sociali che, nella sua schiacciante maggioranza, aveva riposto e continuava a riporre in quella che per noi era una contradictio in adjecto allo stato puro, la mostruosa Chimera di una "Patria della liberazione umana", di uno strano attrattore che confiscava le speranze, di un Leviathano travestito in tuta blu e stella rossa sul berretto... Dicevano i quattro, che non se l'erano sentita di provare a sfatare la loro fede, a rischio - quasi certo - di gettarli nello sconforto, in una disillusione senza né via d'uscita, e nemmeno consolazione possibile.  Certo, gli si sarebbe potuta opporre un'osservazione di Marx : "se noi strappiamo via i fiori di carta che ammantano, coprendola, la nuda catena dello sfruttamento, non è per lasciare i proletarî ancora più disperati e soli ; ma bensì perché, riconoscendola, possano spezzare la catena e cogliere i fiori vivi...". Voilà]
Bisogna andare a 'dare il fatto loro' a tutti i poteri costituiti, la catena di commando sociale che sta dietro questo orrore ed oscenità. Qui si, l'indignazione non è quella cosa 'a corrente continua', tra sindrome di querulenza e pensiero-propaganda, che finisce per diventare giaculatoria un po' abietta, autoriconoscimento, vanitas al fondo identitaria (cioé dell'ordine del patrimoniale, degli assi ereditarî, cioé del proprietario ; e del rappresentarsi).
    Sinora, le "Compagnerìe" intese nel senso più lato, più indiscriminato, brillano per la loro assenza. Se si tratta delle "difficolà della vita", del caldo, dell'impossibile ubiquità..., foss'anche del "tengo famiglia", pazienza. Ma me interessano gli uomini e le donne con cui- al netto di tutto - dividiamo tanto tempo-di-vita, di ascolto e di parola. Insomma, i territorî esistenziali più rivoltosi, quelli che, al netto di tutti gli spaccamenti di capelli in due, quattro, otto, sessantaquattro..., considero la mia gente, compagni di battaglie. Ecco : se malauguratamente si trattasse del fatto che tante persone, circoli, reti e rizomi, ribelli, critici, rivoltosi, ultraradicali, "antagonisti", mantenessero una tiepida distanza, magari in nome di critiche, obiezioni, magari di tipo "più radicale", più "puro e duro", più "rivoluzionario", non potrei che dir loro che questo, 'peggio che un crimine', sarebbe un errore. Si porrebbero infatti di colpo come tanti praticanti una critica della critica critica, poco importa se di parole, d'atti o d'entrambi. Diventerebbero autoreferenziali, in qualche modo "di lusso", facile oggetto su sarcasmi sui dimolto rivoluzionarî...
Questa volta, la tempestività si impone, sui piani e per gli ordini di considerazione più diversi. Svicolare questa 'linea di fronte', significherebbe essere ben partiti per un'àlgida vita virtuale, un'altrettanto virtuale rivoluzionarietà ".

Oreste Scalzone

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29 juin 2009 1 29 /06 /juin /2009 14:00

29 GIUGNO 2009, ULTIMORA

Stavamo finendo di scrivere premesse e po'scritti, e arriva una e-mail che rilancia un appello urgente della Coordinazione dei 'sans papiers' di Parigi  a confluire verso la Bourse de Travail occupata, perché sembra imminente un'azione di polizia : che non vorrebbe solo dire "sgombero", ma arresto, internamento nei centri di ritenzione, avvio di procedura d'espulsione per centinaia di persone, in buon numero lavoratori precar...issimi (accompagnati dalle famiglie), la cui condizione di persone sotto ricatto  è una manna per i loro padroni...

lundi 29 juin 2009
Sérieux risque de dispersion par la police des sans papiers qui occupent le trottoir du boulevard du temple devant la bourse du travail dont ils ont été expulsés manu militari par la milice de la CGT.
Il y a aussi un très grand risque d'interpellation des SP. La Coordination des Sans Papiers de Paris (CSP 75) appelle à un rassemblement d'URGENCE de soutien ce lundi 29 juin à partir de 14h devant la bourse du travail (angle rues Charlot et Boulevard du Temple - M° République ou Filles du Calvaire
Related links/ contributi pervenuti
Appunti dal marciapiede di Boulevard du Temple, Parigi.
Da Parigi con Orrore
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